GORNO – Miniere: il “No” di Oltre il Colle 
mette a rischio progetto (e 250 posti di lavoro) E LE STELLE STANNO A GUARDARE?

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Periodicamente il problema delle “Miniere di Gorno” esce dal buio delle gallerie e dalla penombra di cassetti segreti per palesarsi al pubblico. Ecco che allora la gente comune si chiede se i propri amministratori pubblici si stiano realmente interessando a tale problema. A parole, sicuramente sì, concretamente c’è qualche dubbio. Da tempo, precisamente con decreto regionale n. 1630 del 22 febbraio 2008, poi regolarmente prorogato, è stato conferito ad una società australiana l’autorizzazione a ricerche nel comparto che comprende Gorno, Oneta, Oltre il Colle, Premolo e Parre, ma l’attenzione al problema da parte delle autorità locali non sembra brillare.

“Oro, argento e altri metalli”

I minerali della zona sono stati oggetto di coltivazione e lavorazione fin da epoca preistorica. I ritrovamenti di scorie e manufatti bronzei nella zona (datati 1000 a.C.) lo dimostrano, com’è comprovato che le miniere fossero “celebri” in epoca romana, come affermato da Plinio il Vecchio (23/79 d.C.). Bisogna poi giungere in epoca medioevale per ritrovare altre notizie. Alla fine del 1100 il vescovo di Bergamo Arnolfo concesse agli abitanti del territorio libertà di iniziative in questo campo. Da allora iniziò una forte ripresa, costante nei secoli. 

Nel Medioevo gli scavi sono al centro di dispute con il Vescovo di Bergamo per lo sfruttamento della galena argentifera, minerale utile per battere moneta. Al tempo della Repubblica di Venezia il Doge, in data 9 aprile 1492, “concesse ad alcuni di Gorno della Valle Seriana che potessero per venticinque anni far cavar, nei monti e nei luoghi della Valle Seriana e Brembana Superiori, oro, argento e altri metalli di qualunque sorte, pagando la decima al Dominio”. 

All’inizio del Cinquecento anche il grande Leonardo da Vinci s’interessò della zona, svolgendo uno studio topografico, come risulta da un suo disegno conservato in un museo di Londra. 

Nel 1677 Donato Calvi scrive che nei dintorni di Gorno “nasce zelamina, argento, piombo e cristallo come dalli intendenti fu osservato”. Si presume che l’estrazione sia poi cessata poiché si erano esaurite le vene superficiali, le sole sfruttabili con i mezzi di allora. 

Verso la metà dell’Ottocento, nuove ricerche diedero risultati positivi e gli scavi si rianimarono. Si fecero avanti anche alcuni “forestieri” che si proclamarono scopritori delle miniere. La “Deputazione comunale” di Gorno, con atto del 16 aprile 1853, non riconosce tale titolo ai nuovi arrivati “giacchè esistono le bocche di esse cave e con lunghi internamenti nel seno del monte, quali più e quali meno prolungati, ove certamente e indubitatamente, in tempi remoti e da nessuno dei viventi ricordato, vi fu scavato del minerale”. 

Inglesi, Belgi e… Italiani

Nel 1871 la concessione mineraria di “Costa Jels” venne rilasciata all’avvocato genovese G. Sileoni, che gestì la miniera con B. Epis di Oneta. Ai concessionari italiani subentrarono società estere, inglesi e belghe, più ricche di capitali e di attrezzature: nel 1877 l’inglese “Richardson e Comp.”; nel 1884 la londinese The English Crown Spelter Co. Ltd; nel 1922 la Vieille Montagne di Liegi. Poi aziende italiane: nel 1940 la S.A. Nichelio e Metalli Nobili – Gruppo di Gorno; nel 1942, la S.A. Piombo e Zinco (S.A.P.E.Z.); nel dopoguerra all’Azienda Minerali Metallici Italiani (A.M.M.I.) e poi S.A.M.I.M.  

Nel 1982, dopo una campagna di ricerca e potenziamento delle strutture, per scelte politiche nazionali, le miniere furono chiuse. Per questo, da allora, i minerali di zinco l’Italia li importa dall’Algeria, un sovraprezzo alla fornitura di metano da parte dello stato africano. Recentemente il giacimento è stato concesso ad una multinazionale australiana. Oltre a quelli indicati nella sua denominazione geologica, zinco e piombo, si trovano anche altri metalli, tra cui rame, cadmio e argento. I primi, dopo l’avvio dello stabilimento elettrolitico di Ponte Nossa, sono stati estratti e commercializzati, mentre per l’argento, già scoperto in epoca romana, non è stato ancora trovato un metodo conveniente per la sua estrazione data la minima percentuale presente. Per quanto riguarda lo zinco ed il piombo non è da adesso che i minatori del posto sapevano quanto il giacimento ne fosse ricco. Non è neppure vero che fossero in perdita. I bilanci delle miniere di Gorno e dello stabilimento di trattamento di Ponte Nossa hanno sempre avuto segno più, diventavano negativi solo quando confluivano nel calderone nazionale della SAPEZ, poi AMMI, infine SAMIM; dove abbondavano le perdite di altre miniere e le spese delle pletoriche direzioni romane.

Negli anni ‘70 vi fu un tentativo di chiusura delle miniere a cui si opposero strenuamente i minatori e le amministrazioni locali con manifestazioni anche in quel di Roma, davanti al Parlamento, ottenendo il rilancio dell’attività estrattiva. 

Si ampliò la galleria “Ribasso Riso Parina” lunga dodici chilometri e mezzo, la spina dorsale delle miniere di Gorno; si scavò un fornello (galleria verticale) di circa quattrocento metri per unire i giacimenti della Val Parina (Oltre il Colle), a quote superiori, con quelli a livello Riso (Gorno); si fecero importanti ricerche che misero in luce ricche colonne di minerale. 

Arrivano gli Australiani

L’ENI, che non voleva saperne di miniere, avviò una campagna di disinformazione affinché i politici ne decretassero la chiusura. Dietro si mascheravano affari miliardari tra esponenti algerini e italiani: io ti dò il metano ma devi prendere anche il nostro zinco. Ciò avvenne nel 1982 nel disinteresse quasi totale delle amministrazioni locali dell’epoca. Dopo di allora chiesero la concessione mineraria due società italiane, la Cattaneo e la Bergem Mine, che fecero di tutto tranne l’attività che avevano richiesto di esercitare. Anzi sono state autorizzate e impiantate strutture di produzione d’energia elettrica che impediscono l’uso corretto delle strutture minerarie. Da pochi anni sono subentrate nella concessione società internazionali specializzate nel settore. Prima la “Energia Minerals” dal 2016 ed ora, dal 2019, la “Altamin”, società con sedi principali a Perth (Western Australia). 

La nuova concessionaria ha iniziato campagna di perforazione nella zona di Pian Bracca (Oltre il Colle) a partire dal livello 990 della miniera, detto anche Livello Piazzole, con uno sviluppo di nove chilometri. Le sonde per la maggior parte della campagna hanno funzionato a pieno regime (sia di giorno che di notte). 

Ogni sonda è gestita da una squadra di minatori composta da un driller  (perforatore) e da due o tre off-siders (aiutanti). I lavori preparatori erano stati assegnati alla Edilmac dei fratelli Maccabelli di Gorle, ditta specializzata nella realizzazione di gallerie e pozzi, quali, ad esempio, quelli eseguiti per l’areazione del tunnel della Manica. 

Il personale di Energia Minerals fisso a Oltre il Colle è composto da 4 geologi, 1 ingegnere ambientale, 2 impiegate che si alternano anche nell’ufficio di Gorno; al cantiere di Zorzone sono mediamente impiegati 12 operai e 1 capocantiere della Edilmac. Vi operano anche consulenti esterni tra cui: Hattusas srl: studio di geologia ambientale con sede a Grassobbio; Sialtec engineering srl: studio di geotecnica per il rilievo dei carotaggi con sede a Montello; STA Carnazzola e Giacomini: studio tecnico associato di topografia con sede a Chiavenna (SO). 

Dopo questa fase, saranno verificati le colonne mineralizzate del Basso Riso (Gorno e Oneta), già esplorate da precedenti campagne di ricerca. Trattasi di una fase molto importante che potrebbe incontrare delle difficoltà poiché la laveria non potrà essere collocata a bocca miniera, dove ci sono i resti di quella vecchia che però non fa più parte del demanio minerario per una scelta delle amministrazioni comunali che si sono succedute. La scelta potrebbe essere la costruzione dell’impianto industriale in sotterraneo. Ma di questo non si è certi. D’altra parte l’amministrazione di Gorno negli ultimi anni non si è dimostrata molto attenta al problema, giungendo ultimamente alla demolizione dell’edificio storico dove avevano sede la direzione della miniera e gli uffici tecnici. 

A causa della pandemia Covid-19, gli scavi sono stati interrotti da marzo a giugno 2020. Riaperto il cantiere, sono stati eseguiti rilevamenti con risultati particolarmente soddisfacenti che hanno evidenziato la presenza di corpi mineralizzati ed hanno permesso di distinguere quelli a piombo e zinco (blende) da quelli a ossidi (calamine). 

L’esplorazione a Pian Bracca Sud (livello 1037) hanno rilevato strati mineralizzati di notevole spessore A febbraio 2021 è iniziata anche la perforazione al livello 1070 (Ponente). Da allora le perforazioni non si sono mai arrestate ed è già stato pianificato un ulteriore programma di esplorazioni che andrà a coprire tutto l’anno 2022…

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